18 Ott L’uomo che visse libero | Alberto Guizzardi
Mi ricordo che da bambino guardavo in tv gli spettacoli teatrali di Dario Fo e in verità non ci capivo gran che, ma quel modo di parlare guardando ogni tanto il cielo lo associavo a un disegno animato che negli anni ’70 era molto in voga: il personaggio creato da Osvaldo Cavandoli che percorreva una linea infinita e si rivolgeva al disegnatore in un linguaggio incomprensibile.
Solo più tardi ho scoperto che il mio intuito di bambino aveva colto nel segno: quelle due parlate nascevano dalla stessa origine, un lingua inventata definita grammelot con molte influenze derivate dal dialetto milanese.
L’effetto era quindi simile anche se il personaggio della Linea era quasi sempre arrabbiato mentre Dario Fo esprimeva quel senso di clownesco e di divertimento che avrebbe contraddistinto sempre la sua vita.
Non sapevo che quello spettacolo era “Mistero Buffo” e che veniva trasmesso dopo anni di allontanamento dalla televisione per una Canzonissima diremmo oggi troppo alternativa.
Di lui mi piace ricordare alcune sensazioni che mi sono rimaste della sua straordinaria vita: in primis l’approccio sempre scanzonato e irridente nei confronti dei potenti e poi il percorso di vita non omologato a un’idea preconcetta: è stato repubblichino, comunista, pentastellato con il significato non semplicistico del cambia bandiera ma della normale evoluzione della storia che non ti porta più a nascere, vivere, morire in un’unica e sola dimensione.
E poi il rapporto unico con la moglie Franca Rame : si potrebbe immaginare l’uno senza l’altra?
Si ha l’idea che nonostante ostracismo, battaglie vinte o perse, liti, abbandonarsi e poi riprendersi , la vita l’abbiano vissuta fino in fondo e senza Franca probabilmente non ci sarebbe stato Dario.
Mi piace pensarli come un’entità unica, quella rara alchimia che nasce tra due persone e vive e si nutre nel corso dell’esistenza.
Avevano una visione sempre in divenire, non arroccata a schemi mentali legati a una questione meramente anagrafica; anche il loro avvicinarsi al Movimento 5 stelle, massima rappresentazione del mondo della rete e delle nuove modalità di comunicazione, è stata la dimostrazione di una mente sempre pronta e aperta alle evoluzioni sociali.
Mi piace pensare che la sua morte il giorno della consegna del Nobel a Bob Dylan sia qualcosa di progettato ad arte: quanto polverone aveva alzato il premio del ‘97 perché l’opera teatrale non era paragonabile ala letteratura così come quella di una canzone; un virtuale passaggio di consegne tra due figure così fuori dagli schemi che hanno fatto del linguaggio forma d’arte e che quella vetusta Accademia di Stoccolma è riuscita a comprendere più di altri.
Chiudo con una delle frasi più significative di Dario Fo senza commenti che sarebbero superflui:
“La vita, una meravigliosa occasione fugace da acciuffare al volo tuffandosi dentro in allegra libertà”