26 Nov Voglio una bussola | Claudia Vanti
A volte parlare di moda o seguirne le evoluzioni è molto complicato, stancante.
Perché non è il momento giusto, perché è fuori luogo? No, perché è faticoso.
Io non ci sto dietro, non sempre, non ho il fisico.
“Hai visto Gucci?”
“Sì”
“E che ne pensi?”
“Eh, non so se penso qualcosa, cioè, sì, forse, ma non ho tempo di pensarci abbastanza”. E c’è chi lo ha già pensato e scritto bene.
Però Gus Van Sant è bravo, e Wes Anderson fa tanto Prada…
Mi sa che devo riguardare tutti i nuovi video di Gucci, farò un binge watching.
“E le sneakers della Lidl?” (anzi: “??????”)
“Mah!, io sono nata a Bologna, mi emozionerei solo se fossero della Coop” (ma perché non le fanno?)
È troppo complicato, dovrei parlare di antropologia culturale e analizzare il lavoro di Gvasalia e come stia lavorando sul concetto di divisa in senso lato, soprattutto l’abito da lavoro, sia il completo grigio da business people sia la polo della DHL che fu l’inizio di tutto ciò, nel 2016, praticamente un’era geologica fa.
La decontestualizzazione e la ricontestualizzazione, il sovvertimento delle regole e le nuove regole dei dress code, la trasgressione e la banalizzazione, la provocazione e il marketing.
Voglio una bussola, almeno un sestante, per orientarmi e non perdermi.
Però le sneakers Lidl sono nei colori primari – rosso, giallo, ciano – che sia il nuovo basico?