04 Mag Bulk | Claudia Vanti
Forse è la volta buona: per cause di forza maggiore, anche se non ne usciremo migliori, potremmo uscirne cambiati, almeno nell’abito.
Prima gli eventi, in presenza o piuttosto in non presenza, e ora “la materia”, quelle cose che ci mettiamo addosso per esporci con la nostra migliore livrea stagionale, devono inesorabilmente cambiare nella forma se non nella sostanza.
Già da qualche anno i rifiuti e gli scarti sono diventati un problema, ora, quindi, complice una contrizione a uso della comunicazione, molti designer, soprattutto giovani e giovanissimi, vedono nell’uso creativo di grandi masse di materiali destinati allo smaltimento o all’inquinamento ambientale l’occasione di una nuova frontiera nella quale coniugare novità ed etica.
È una prospettiva affascinante, che può portare a strade avventurose come quella di Olivia Oblanc, il design dell’abbigliamento “ da lavoro” unito alla ricerca di forme gender fluid in un contesto di upcycling: wow. Tanto, tanto davvero.
Poi è difficile rimanere del tutto slegati da modelli di produzione tradizionale, e infatti Olivia ha collaborato anche con Adidas, ma la sostenibilità al 100% non esiste, i percorsi nuovi si trovano anche in modo contraddittorio.
Però non sprechiamo tutto applicando parti di vestiti a caso su altri abiti (e buttando via comunque quello che avanza): è inutile e brutto.