27 Feb Fashion’s people | Stefano Guerrini
Sono appena rientrato da una settimana della moda milanese apparentemente all’insegna del recupero, del mix and match di epoche passate, di citazioni, chi ha rivisitato la storia della moda, chi ha rivisto il proprio percorso, chi ha recuperato Fassbinder e il suo “Le lacrime amare di Petra von Kant”, chi ha deciso di portare in passerella statement femministi, che nascono chiaramente dalla rilettura di quanto accade in ambito sociale e politico, che alla moda non piaccia moltissimo Trump è una notizia ormai risaputa.
Come ad ogni stagione accanto ai vestiti diventano protagonisti gli ospiti delle sfilate, perennemente inseguiti da fotografi street-style che per cogliere volti e outfit rischiano costantemente la pelle, propria e altrui.
Loro potrebbero lasciare la vita sotto il 9 che passa davanti al Metropol sede dello show di Dolce & Gabbana, io sono stato azzoppato da uno che mi ha dribblato per andare a fotografare uno strano figuro biondo platino dalla sessualità decisamente fluida.
Il popolo fashion, che ha fatto nascere nei giornali quel terribile appellativo che è il ‘circo della moda’, una fauna indescrivibile, che non si trova da nessuna altra parte e che nei restanti giorni dell’anno ci si chiede dove vada a rintanarsi…ma considerando che anche le mie mantelle fra una fashion week e l’altra ritornano a far compagnia alle ante degli armadi, ho poco da fare il superiore!
Un gruppo eterogeneo di personaggi, inevitabilmente capace di attirare curiosità ed interesse.
Ci sono le redattrici perennemente in nero, strette, per non dire avvitate, nei loro cappotti di qualche designer giapponese, non va più di moda l’occhiale da sole in prima fila, ma, salvo alcune eccezioni che ringrazierei per solarità e simpatia, lo sguardo è sempre un po’ fra l’incavolato “You can’t sit with us” e un più democratico “Ma perché non c’è il buffet?”, e questa seconda parte non può che trovarmi acceso sostenitore.
Sono sempre scortate da ragazze che indossano scarpe basse, quasi sempre bionde e diafane, loro il buffet forse non lo cercano, assistenti delle assistenti, entrano spesso altezzose, facendosi largo tra la folla, fiere dell’appartenenza ad una testata, non sanno che molte di loro hanno la data di scadenza e finito la stage saranno sostituite da altre ragazze di buona famiglia, sempre bionde, sempre diafane, sempre con scarpe basse ai piedi.
Non può mancare la schiera di influencer, parola ormai abusata, l’ho sentita uscire anche dalla bocca di una signora che sembrava più una ‘desperate housewife di Bagnacavallo’, che qualcuno in grado di scatenare nuove mode.
Obiettivamente ce ne sono una decina, non considerando più la famosissima Chiara, ormai una vera e propria celebrity, che non solo hanno un reale peso sui trend, un following notevole, e son pure carini ed educati, ma attorno a loro c’è tutto un sottobosco di personaggi che per me è incomprensibile.
Cadrei nel banale dicendo che sono certo che molti di questi non sanno nulla dello stile, non hanno consapevolezza di quello che è stato, non sono in grado di cogliere citazioni e di fare una analisi critica che vada oltre a: “Io me lo metterei”.
Voglio sperare di essere io quello prevenuto e che il futuro mi darà torto, anche se un mio amico che si occupa di pubbliche relazioni potrebbe ricordarmi di quella volta in cui ha ricevuto una mail che iniziava più o meno così: “Sono un aspirante influencer e sto per aprire un blog e mi piacerebbe tanto ricevere da voi dei capi gratis, da indossare per farmi fotografare”.
Come si fa a non leggere una frase così e non pensare che si stanno avvicinando i quattro cavalieri dell’apocalisse?
Poi ci sono loro.
Quelli che secondo Anna Wintour mandano davvero avanti il fashion system: i fashion addicted, da non confondersi con le fashion victim.
Sanno tutto dei designer, conoscono le collezioni dai tempi di Poiret in qua, non si lasciano scappare un riferimento e su Instagram non solo seguono Marc Jacobs, ma anche tutti i suoi ex.
Li riconosci perché sono fra i pochi che una volta seduti tirano fuori un taccuino e una penna, perché nonostante i tempi tecnologici sono addicted di cancelleria, e per tutto lo show prendono appunti, lo sguardo attento di chi vuole entrare nella testa del creativo, pronti a sgattaiolare nel backstage e fotografare dettagli e moodboard ispirativi.
Alcuni vengono dalle rinomate scuole dello stile, per altri la moda è solo una via di fuga, ma ne sanno più di chi nella moda ci lavora davvero.
Per loro Kendall e Gigi non hanno segreti, ma ovviamente le ritengono troppo commerciali e ancora rimpiangono che Snejana Onopka si sia ritirata dalle passerelle.
Sanno citare Simmel, ma ricordano a memoria anche le frasi culto di Coco Chanel.
Romantici sognatori, sono gli idealisti dello stile, quelli che ritengono la moda un linguaggio capace di includere tanti altri mondi comunicativi, per loro la moda non è marketing, ma pura creatività.
E, devo ammetterlo, li osservo e mi sento un po’ fiero, pensando che finché ci sono personaggi così, oltre ad alcuni designer dalla visione precisa e incisiva, il cui lavoro è davvero ispirativo ed emozionante, potrei citare la mia amata Miuccia, ma lascio questa parte ad un altro articolo, allora vale ancora la pena seguire le sfilate, con il loro corredo di personaggi, di cui, volente o nolente, faccio parte anche io.
foto: Andrea Ferrato