12 Apr Le storie da dentro | Andrea Ferrato
Tempo fa compravo molte riviste, parecchie.
Alcune non riuscivo neanche a leggerle e spesso non c’era neanche bisogno.
Mi servivano stimoli, mi servivano modi diversi da quelli che conoscevo o anche conosciuti ma fatti meglio o diversamente.
Ho speso cifre a cui non voglio pensare per pile di carta che in molti casi ho anche buttato ma nulla di quei contenuti è andato perduto.
Il rammarico più grande è la triste (?) fine che feci fare ad una rivista tutta italiana, fiorentina, nata nel momento più esplosivo degli anni ottanta, probabilmente lo specchio di tutto quello che non si racconta molto di quel periodo: si parla più spesso dei lustrini e della superficialità e raramente del fermento culturale ed innovativo di quegli anni.
Un bimestrale di grande formato con una grafica della testata inossidabile tutt’oggi.
In pratica Westuff diventò materiale per le copertine delle mie cassette C90 rigorosamente TDK al cromo che, probabilmente, conservo ancora proprio per questo motivo.
Emigre, Eye, Print, Communication Arts, Aperture, Web Marketing Tools, Archive, Speak, Frieze, Cluster on Innovation, Linea Grafica, Photographies Magazine, Animals, Wired Italia (il primo anno, che entusiasmo!) e, probabilmente, l’ultimo amore è stato Klat.
Il ritorno a casa con il nuovo numero o l’arrivo del postino con la rivista era un momento che assomigliava a quelle foto degli anni cinquanta con le famiglie rapite davanti al televisore.
Mi sono chiesto ogni tanto se poteva mancarmi quel momento di puntuale scoperta, scandita da una data più o meno precisa e la risposta più chiara mi è arrivata in una giornata trascorsa parlando con un signore entusiasta, di fronte ad un’opera, appena esposta, di un artista che ho scoperto più tardi; pranzando con due donne appassionate del loro lavoro, imbastendo progetti visionari; ridendo tra vetrerie eleganti con il proprietario di una sontuosa galleria d’arte.
Oggi siamo dentro quelle riviste, in ogni momento, siamo avvolti dalle narrazioni e queste ci portano, se lo vogliamo, dove le cose avvengono, incontrando, in molti modi, le persone che raccontano ciò che prima potevamo solo leggere (ma che possiamo ancora leggere).
L’odore della carta non è cambiato, la stanza non ha più pareti ed è entusiasmante accorgersene.