26 Mar La nostalgia del futuro | Stefano Guerrini
Non sono certo il primo a sostenere, lo hanno scritto e manifestato menti ben più importanti ed eccelse della mia, che ci troviamo a percorrere un momento storico ambiguo da tanti punti di vista e quando si parla di comunicazione, soprattutto attraverso i social, una delle cose che salta all’occhio è come questa generazione, chiamatela millennials prima e generazione Z poi, o come volete, è quella che con più facilità può raggiungere le informazioni e meno sembra interessata ad impossessarsene, che potrebbe avere accesso ad una banca dati immensa a cui noi delle generazioni precedenti non avevamo accesso, perché non c’era internet, non c’erano le app, gli iPhone e manco i computer, e invece sembra troppo annoiata per farlo.
Un esempio banale mi salta all’occhio tutte le volte che entro su Instagram, migliaia e migliaia di selfie e immagini su immagini, spesso prese dal passato in account che sembrano amare la ricerca e i moodboard di stile, in cui ci si perde, peccato che quasi mai venga messo un riferimento, un link, un nome, una data.
Tutto diventa parte di un brodo primordiale dove un vestito di Lanvin del 2005 è affiancato all’immagine di un film anni 40, per pura associazione libera, che però non lascia spazio al confronto, all’analisi, all’approfondimento.
Quasi che quell’abito abbia preso vita da solo, disegnato da nessuno, fotografato da sconosciuti, e il film si sia diretto da sé.
C’è una superficialità in questo approccio che a me atterrisce.
Perché si perde di vista sempre di più da un lato l’importanza di una cosa che si chiama cultura, dall’altro il valore enorme che hanno nel processo creativo per cercare il nuovo sentimenti come la nostalgia, la malinconia, la curiosità di ciò che è stato, la fascinazione del passato.
Trovo che da sempre Il vento della nostalgia abbia pervaso la ricerca che porta al futuro, non mi spiegherei altrimenti il successo degli archivi di ricerca che formano creativi su creativi, i moodboard delle collezioni di nomi altisonanti della moda, pieni delle citazioni più disparate, dalle maschere de “Il Fantasma dell’Opera” e del carnevale di Venezia, al fascino decadente degli eroi e delle eroine di Luchino Visconti, all’incanto dei quadri pre-raffaeliti.
Ma perché questa nostalgia abbia un senso deve essere affiancata ad una curiosità che porta all’approfondimento, allo studio, ben oltre al semplice e superficiale accenno.
Ecco, guardando i social ho sempre più l’impressione che siamo di fronte al regno dell’accenno, del superficiale, non tanto per l’egolatrico successo dell’autoscatto, in cui tutti noi cadiamo, un po’ per gioco un po’ per vero narcisismo, ma per questa costante tendenza a parlare di cose, attraverso immagini, che poi non portano a nulla, perché non c’é voglia di trasformare un blink, un’immagine veloce nelle stories, accattivante quanto un occhiolino colto per caso, in un percorso di immagini più sofisticato e introspettivo, che sia un viaggio della conoscenza, più che una semplice e stupida immagine figa!
Per fortuna che in questo mare magnum di nulla, ogni tanto qualcuno e qualcosa si salva, a ricordarci che dietro ad ogni scatto c’è una storia, che un singolo frame può raccontare il mondo, scaldare il cuore e illuminare la mente.
foto: Andrea Ferrato