11 Apr Vedere per credere | Claudia Vanti
Per tanti anni i vestiti si sono visti sì sulle riviste, ma solo disegnati, immagini eleganti di artisti leggendari come Erté o di anonimi illustratori che descrivevano linee e dettagli.
Anche quando le fotografie hanno preso il sopravvento i “figurini” hanno mantenuto uno spazio con illustrazioni a volte eteree e a volte delicatamente dirompenti: le figure sottili di René Gruau avevano i contorni neri e i colori saturi di ispirazione espressionista o il bianco gesso della pittura tradizionale giapponese.
Ma dagli anni ‘80 questo spazio si è via via ridotto fino quasi a sparire, qualche sporadica illustrazione d’artista sulle testate più glamourous e la maggior parte, purtroppo, relegata alle pubblicazioni per sarte e fai da te.
Però i disegni hanno resistito, perché all’inizio ciò che fa nascere un modello è quasi sempre un disegno.
Insieme al lavoro sul manichino la sostanza è sempre il tentativo di dare una rappresentazione a una forma che ancora non esiste.
Fino a poco tempo fa anche a me le illustrazioni sembravano un retaggio sentimentale, per quanto bellissimo, di un’epoca finita.
Qualcosa di vagamente anacronistico come appaiono gli schizzi presi nei processi giudiziari interdetti ai fotografi.
E poi, d’un tratto, internet.
E i digimagazines.
E Behance, Instagram, Tumblr e ovviamente Pinterest.
Interi mondi virtuali letteralmente invasi da ogni tipo di illustrazione di moda: scolastiche, interpretative, poetiche, iperrealiste, accennate, oniriche, sexy, minimali, eccessive, buffe, languide…migliaia, milioni di vestiti, interpretazioni di sfilate o improbabilissimi look da red carpet supersexy con code chilometriche.
E c’è anche chi delinea lineamenti e make up delle modelle cartacee con cura maniacale, con una resa del contouring da fare invidia alle sorelle Kardashian-Jenner, tutte e 5 più la mater familias.
Per non parlare dell’hairstyling (forse cercando di tenere la porta aperta a carriere da estetisti o parrucchieri? Mistero).
Metà della popolazione mondiale ha il sogno della scrittura e un libro nel cassetto, l’altra probabilmente disegna, e se ne sono accorti anche i blog e i magazines di punta, lo spazio dedicato agli illustratori è di nuovo aumentato, e Showstudio (testata veramente prestigiosa, oltre che primo, imitatissimo, fashion magazine digitale) offre anche a talenti sconosciuti la possibilità di essere selezionati e pubblicati.
Su Instagram i cuoricini per le illustrazioni di moda sono milioni, la vetrina è planetaria e permette a tutti di esprimersi con un minimo di visibilità: qualcuno sarà il possibile erede di Antonio Lopez , molti altri no, ma non importa, per ora va bene così e intanto si fa la felicità di Pantone e Caran d’Ache, perché la cosa veramente sorprendente è che il 99 % di tutte le illustrazioni che si vedono sono rigidamente handmade, mano libera, pastelli e feltri.
Al momento la mia preferita è Gretchen Röehrs, e se lo dico io che soffro abbastanza la dilagante ossessione culinaria significa che è veramente brava.
“Vedere per credere”.