23 Gen Vittime e/o carnefici | Alberto Guizzardi
Nell’immaginaria Ebbing, profondo Missouri, Mildred Hayes decide di affittare tre manifesti per denunciare l’incapacità della polizia di trovare l’assassino di sua figlia.
I messaggi sui manifesti accusano direttamente lo sceriffo William Willoughby che oltre a dover gestire il caso, sta combattendo una battaglia personale contro un tumore in fase terminale
L’azione di Mildred scatenerà una reazione a catena sobillata soprattutto dal poliziotto Dixon, razzista, omofobo e rissoso, a sua volta fagocitato da una madre ossessiva e castrante.
C’è tanta carne al fuoco in “Tre manifesti a Ebbing, Missouri “ di Martin McDonagh ma la cosa che meraviglia è la capacità del regista di gestire il tutto senza mai cadere nel grottesco, nella farsa o nel facile “tarantinismo”.
E non era cosa facile in un film dove spesso si ride, dove la violenza improvvisamente esplode in maniera inaspettata e dove in fondo tutti sono vittime e carnefici.
Perché sta proprio qui la bellezza del film: in uno squarcio d’America dove vige l’idea dell’arroganza in stile Donald Trump, i personaggi vivono la vita nello spirito individuale di odio verso il prossimo, legati da un risentimento che cova in se stessi avendone perso da tempo la ragione.
I tre manifesti causeranno una deflagrazione non solo fisica, ma costringerà tutti a mettersi a confronto con il punto di vista altrui, producendo così un’empatia inaspettata.
La sensazione è che, una volta passata la tempesta , non tutto sia andato perduto.
Un cast strepitoso aiuta a rendere l’opera credibile e appassionante e meritati sono i riconoscimenti ottenuti e che verranno con probabile apoteosi durante la notte degli Oscar.
Un film indimenticabile, raro ed emozionante.