11 Lug Un’estate fa | Stefano Guerrini
Una estate di tanti anni fa.
Si perde nella memoria quella prima vacanza all’insegna dell’avventura, non più pensioncine in riva all’Adriatico a pochi chilometri dal nostro paesino dell’entroterra romagnolo, ma alla ricerca di un mare più blu e più profondo, di luoghi meno conosciuti, si partiva verso la Calabria e la meta era un più democratico e alternativo campeggio.
Ricordo la nostra Fiat 128 verde sottobosco carica come se dovessimo fare un trasloco e ricordo il tragitto così lungo, sotto il sole delle autostrade degli anni Settanta, code e lavori in corso, scorci di panorami bellissimi e fermate in autogrill quasi fatiscenti.
Ricordo che io sui sedili dietro avevo il mio mondo, un libro fotografico di “Grease”, mia passione smodata del periodo, e ancora oggi un film che mi emoziona tanto, e il mio ‘mangiacassette’ come lo chiamavo.
Sicuramente confondo gli anni e i viaggi, ma so per certo che cantavo tantissimo, da lì a poco mi sarei invaghito di Miguel Bosè e di Rettore, di Ivan Cattaneo con le cover di canzoni anni Sessanta e della Bertè che sosteneva di non essere una signora! Non ricordo però di preciso cosa ascoltavo in quel primissimo viaggio, forse Bennato e “Sono solo canzonette”, ma ricordo la mia serenità.
La destinazione era Capo Rizzuto, in un camping che si chiamava Oasi, e noi non ci spiegavamo il perché di quel nome, salvo poi scoprirlo in loco: dopo una distesa di terra bruciata e brulla, il campeggio spuntava rigoglioso e verde, come solo un’oasi in un deserto.
Ricordo le risate e il rito di andare a lavare i piatti nei lavandini comuni.
Ricordo le discese verso la spiaggia, dalla quale ci separavano trecento e passa scalini, e il mare bellissimo, i nostri compagni di viaggio, fra i quali spiccava una signora che indossava spesso un bikini di carta, che in epoca di moda in stile Fiorucci era super trendy, forse un filo trasgressivo per i nostri gusti provinciali.
Tutto era stemperato dall’ironia di mio padre, dal sorriso allegro, di giovane donna innamorata, di mia sorella, così come dal rito del cibo, che scandiva le nostre giornate, e al quale mia madre ci richiamava come una chioccia, protettiva e accogliente.
Ricordo la sensazione di apertura e di possibilità, quel moto alla scoperta e alla positività dei bambini.
Pensavo che il mondo fosse un luogo pieno di sogni da realizzare e castelli di sabbia da costruire.
Era una estate di tanti anni fa.
foto: Andrea Ferrato