28 Mar Un popolo di imprenditori?
Il mondo del lavoro è uno degli esempi più eclatanti dell’efficacia della rete.
Dall’uso più semplice come evoluzione della pagina degli annunci fino alla creazione di veri e propri network professionali, la rete è stata ed è, in questo periodo critico, un silenzioso propulsore di nuove possibilità.
Se, a livello governativo, coloro che occupano gli spazi decisionali avessero una reale e giusta cultura della rete, la crisi del mondo del lavoro avrebbe avuto di sicuro un percorso meno devastante dell’attuale.
La rete ha contribuito alla crescita di progetti di micro imprenditorialità basati su solide idee carenti di risorse per la loro realizzazione.
Virtuosi circuiti hanno dato la possibilità di far incontrare le idee con gli investitori, la grande imprenditoria si è accorta che creare degli spazi dove far emergere l’innovazione è il modo migliore per garantirsi un futuro di crescita.
Oggi c’è una grande attenzione verso coloro in grado di costruire concretamente il nuovo, il termine startup è ormai sulla bocca di molti ed ha anche iniziato a subire la classica italica mutazione ossia la presentazione di improbabili avventure professionali come startup (oltre alla mutazione linguistica tipo “startapparo”: colui che crea una start up).
Quindi la soluzione è semplice: non hai un lavoro? Diventa imprenditore! :)
Da un lato diventare imprenditori di se stessi ha una gran valore: comprendere appieno le proprie potenzialità, essere in grado di proporle, riuscire ad analizzare le proprie capacità nell’ottica di rimodellare la propria figura professionale per altri ambiti lavorativi.
Dall’altro lato non è pensabile che chiunque possa diventare imprenditore e sono fondamentali invece quei ruoli operativi che contribuiscono in modo sostanziale al successo di un’impresa.
Quello di cui si parla poco è il re-design del mondo lavorativo nell’era della rete e alla luce della crisi dei modelli imprenditoriali che abbiamo conosciuto fino ad ora.
La partita IVA non è la soluzione se attorno non si modella un ambiente lavoro che vada anche oltre la sola, eventuale, costruzione di garanzie.
La creazione di un sistema virtuoso che metta in circolo le professionalità progettando meccanismi che permettano una fluidità del mercato del lavoro intesa come un valore e non come una minaccia; la costruzione di modalità che creino un valore sociale per le figure professionali in uscita da un’attività lavorativa; l’ideazione di sistemi che colleghino una professionalità a più ambiti dove questa potrebbe essere utile anche se non in modo continuativo.
Dove sono gli “startappari” che progettano l’innovazione nel modo di lavorare?