30 Nov Se la rete impara a difendersi
Piuttosto suggestiva l’idea di Alan Pearlstein, nel suo articolo “When Will Brand Dollars Move Online? Maybe Never.” (proposto in italiano sul blog di Tagliaerbe), in merito al come migliorare la pubblicità on line: rendere i formati più grandi, più interattivi e più coinvolgenti.
Non fa una piega: nell’articolo si sta parlando di come possa la pubblicità on line competere con quella televisiva.
In questo senso la cosa con cui si riesce ad essere più d’accordo è il titolo nella versione italiana del Tagliaerbe “Quando esploderà la pubblicità online? Forse mai”.
Il confronto non funziona per i motivi noti: sono due mondi radicalmente diversi.
Certo l’equipararli aiuta nel non doversi accollare un modo decisamente complesso di comunicare, ricco di sfumature, rispetto a quello pubblicitario composto quasi esclusivamente da aggettivi superlativi.
Oggi, nonostante siamo solo ai primi passi sia tecnologici sia di “maturità” d’uso, gli ambienti social ci condizionano verso un uso consapevole della rete non tanto intesa come un canale di fruizione interattivo ma piuttosto come una estensione sensoriale.
Questa percezione ci porta a considerare principalmente quegli elementi che portano valore alla nostra quotidianità considerando sempre più come rumore di fondo (e quindi ignorabile) tutto il resto.
Molto interessante la ricerca pubblicata da Vincenzo Cosenza riguardo l’apertura delle persone verso le marche, la loro propensione all’ascolto verso i messaggi che le aziende diffondono on line.
Certamente interessante il fatto che i paesi in via di sviluppo siano più disponibili a dare credito alle presenze on line dei marchi (anche facilmente comprensibile) ma significativo è il fatto che nei paesi sviluppati le persone stiano assumendo un atteggiamento particolarmente difensivo verso una presenza prettamente “pubblicitaria” degli spazi social.
L’atteggiamento principale è quello di approfondire la conoscenza della marca e del prodotto attraverso i propri referenti piuttosto che l’acquisto e questo avviene per tutte le fasce di età sfatando per l’ennesima volta il fatto che la rete e gli ambienti social siano solo un “paese per giovani”.
Risulta sempre più evidente come non bastino semplici accorgimenti e adeguamenti delle metriche per far funzionare i consolidati metodi della pubblicità in un organismo fluido e pensante come è la rete; è comprensibile la ricerca delle scorciatoie ma spesso si rivelano più intricate e complesse di strade più lunghe e di tempi più ragionati.