06 Dic Non si finisce mai di ricominciare | Alberto Guizzardi
Ci sono corsi e ricorsi che ripetono, fil rouge che dopo anni e anni si ricongiungono, dando quel senso di circolarità alla nostra memoria che tutto incamera e poi ce lo ripropone nella forma e nel momento più inaspettati.
Torno indietro a un viaggio che feci nei primi anni 90 in Scozia; una delle tappe era Glasgow, città industriale da vedere un po’ in fretta, non paragonabile Edimburgo, ad Aberdeen o Dundee con i loro castelli e laghi, o la graziosa Inverness lassù al nord.
Glasgow era invece cupa, grigia, devastata dalle politiche sociali della Lady di Ferro.
Eppure la città mi colpì, forse perché ogni luogo racconta una storia e sentivo che lì di storie da raccontare ce ne erano tante.
Sono passati trent’anni e grazie a Douglas Stuart, prima con “Shuggie Bain” e ora con “Il Giovane Mungo” quei fili sono stati riannodati e quelle storie raccontate.
Dagli anni ottanta del primo libro siamo passati ai novanta e dall’infanzia del protagonista all’adolescenza.
Lo sfondo è sempre lo stesso: i tenement di periferia dove vivono famiglie disfunzionali, bande di ragazzini che si dividono tra cattolici e protestanti per darsi battaglia, prima nelle strade e poi allo stadio nei derby tra Celtic e Rangers.
Mungo ha quasi sedici anni, è il più piccolo di una famiglia senza padre, madre alcolizzata e spesso assente, fratello maggiore capo di una banda protestante e sulla via della delinquenza, e la sorella costretta dalla sua assennatezza a tenere in qualche maniera le redini della famiglia.
Mungo, con quel nome improbabile del santo patrono della città, dato dalla madre perché lo sentiva un figlio speciale, dovrà fare i conti con la propria diversità, in un contesto di ipermascolinità, dove essere “finocchio” è la peggiore delle infamie.
L’amicizia prima, l’amore poi per il cattolico James farà precipitare tutto e costringerà il ragazzo a diventare adulto molto in fretta.
Il romanzo, come il precedente è bellissimo; Douglas Stewart ha un modo di scrivere che ti spinge al binge-reading, con momenti di scrittura altissima.
Sa quello di cui scrive e plasma la materia in maniera impeccabile, sciogliendo i nodi narrativi in un finale ad alto tasso di emotività.