Due poeti.
Si danno appuntamenti nei loro luoghi del cuore, da una città all’altra.
In questi spazi della città ognuno lascia una poesia e i suoi sguardi, il tutto diventa l’ispirazione per l’altro poeta, per la destinazione che sceglierà per il nuovo appuntamento.
Nascono mappe di luoghi poetici che tutti possono visitare, vivendoli con le emozioni condivise dai poeti.
E le parole fanno strada..
Viaggio di uno zircone intorno a sé… e null’altro
La perpendicolare a te
è il me di me.
spedisce e opuscola
tante rotte di mare
ma_
l’arsura
quando il me di me_
spettrale sparisce
io assalgo
ed assolvo
metri di te
in millimetri di me di me
io: qui
tu _altrove
quanto basta
a dirigere e redigere
testi
convessi
spaesati e paesati
io: qui
a contare e raccontarti
ch’io sono la vite
(tu il legno)
io il tarlo
(tu:
il pegno)
e riaverti
nel non avermi affatto.
Il mio re
dà scacco matto alla tua regina
ed io
veglio voglio e vaglio
tanti zirconi(!)raccolti in uno
uno soltanto:
potente
florido
e capace
puntella il mio petto
a dire e dirmi
dirti dirci:
quante mete!
Ma_ quanti (quanti!) infiniti viaggi
Tutta la voglia
Un tavolo è tutta la voglia che ho.
Due piatti differenti da dividere
per unirli sulle forchette.
Una telefonata è tutta la voglia che ho.
Nell’etere la descrizione di un mondo
migliore di quello da vivere.
Un sorriso è tutta la voglia che ho.
Lo schiaffo che sposta
e disorienta la mia guancia.
Leggere tutte le parole nelle iridi.
Quei denti che sanno mordere
sorridendo.
Illuminati, o mai nati.
Trasparenze di un amore
che non sempre riesci
a dire in alto mare.
Sotto la calma gli scogli.
Salvati da un fato altruista
che ci univa a tutti i costi,
in qualsiasi costa.
Una spiaggia è tutta la voglia che ho.
Sfinito da onde che ci volevano al largo
per destinarci alle correnti che annegano.
Ma con la mano ti ho tenuto
dentro la vita ti ho ripreso,
ti ho guardato fino a farti
divenire il mio paesaggio.
Stamane il sole tenta,
sono già in rimessa
a riparare la barca.
Altre acque aspettano.
Perché anche nel mare noi siamo terra.
Non vedevo niente, a parte
la sua forma ben nota.
Gne gne, dicevi.
Mi guardo allo specchio
per assicurarmi di essere ancora qui.
La memoria è un’inondazione.
Annegare è tutta la voglia che ho.
Non so tacere
non so tacere
muscoli del cuore
dicono/danno
parole nuove
grammi di dolore commisti a
foglie di sottile piacere
subdolo e discreto
appannaggio di pochi
circuìti circùiti del cuore
e al mio desco
accolgo e sùbito
– subitaneo diniego –
subìto lo scacco
affronto
preda e cacciatore
in un mare di voi
per una goccia di me
e lento rinuncio alla fuga
e sberla sberleffo e baruffa
e ciondolo
e cuore in apnea
e al fiore e alla foglia
e ai pascoli e al vento
e ai cieli celesti
e ai frutti maldestri
e al cuore mai stanco
e al pettine e ai nodi
e al cerchio e al quadrato
e alla tundra alla fauna
e a me _il me
e al te_ il me di te
sono pascolo immenso
di cielo terso e riarso
sono e dono ciò che – a chiasmo – tu sei per me:
l’universo mondo
e tutte le stelle
in giro-cielo attorno
e sottocute
un fitto bosco di ramaglie:
la radice del mio essere
nato e cresciuto
ex post
venuto solo ora… grazie a te
all’universo tutto
venuto al mondo
2 agosto 1980
C’è una sacra scintilla di noi
che gode del normale
disinfiamma senza chiedere il perché.
Tornare al mondo
con la voglia di ribaltare il nulla.
Pezzi di giorni rimasti nel sangue
assediano gli inesperti cuori,
ripetizioni senza memoria
in ogni gesto già avvertono
l’arrivo di un passato.
Mi prende la paura
se rientro tra la gente.
L’universo non si calma
e si disperde vapore
in un tossire del vento.
Questo presente assente morente mondo
ha con sé le armi giuste
per distruggere ogni
speranza di quiete.
C’è da far fruttare il vento
abbracciato a te.
Un odore si piazza al centro dell’aria
piegandola.
Un’ombra stringe con mani unte
lasciando macchie di lamenti e orrore.
Non c’è niente da fare:
un dio malvagio e indolente
ci ha puniti senza aver commesso alcun reato
allora la vita diventa preziosa
ma la realtà non da più soddisfazioni.
Sento che una ferita
mai chiusa rivive
di nuovo comincia
a tingere bende.
Allora trasloco pensare e pensieri
dal freddo del fango
da stille del pianto
alla casa di legno
alle alghe tra i piedi,
che ho sempre voluto
che non ho abitato.
Profumo di pesce e di mele adagiate
sei lì che cucini è ora di pranzo.
Altri altrove
Quanto a
queste rocce di sole
intercalate:
libellule di pioggia
il mio calzare la terra
quasi -lei-:
…la mia scarpa…
e tu, a camminare
lungo tragitti combinati e disposti
su traversie
luminose/numinose
a farmi battere (sempre tu)
qui,
tra queste aiuole in festa,
tu, immensamente tu, a farmi
battere il cuore
ci sono e non ci sono
ci sei e non ci sei
ma a scriverti/scrivermi
è un sole pallido
un cuore madido
un cielo statico
e semovente al contempo
ove io accolgo/raccolgo
parole e foglie
foglie fogli e ancora
parole
per un bouquet
di lacrime e
gioia ad
intiepidire mani
e panchine vuote
ma pronte a riempirsi
col farsi del giorno
ora – rotondo –
poi quadri-cerchiato
e nel silenzio di
tutto ciò che non ritorna
la voce che cerca e cerchia
il nostro stare
a cavallo
di altri dove
di altri altrove
Razionalista
Gli occhi sono posti in cui prosperare.
Sono mesi che aspetti la primavera
tra questi vecchi palazzi
brontoloni dalla voce roca.
Il tempo ha la maleducazione
di ridurre le possibilità nuove.
I suoni catturati in pieno volo,
trapezisti che non mancano l’aggancio.
Chiunque si racconta un po’ si salva,
anche a correre sul selciato con parole scalze.
Nei luoghi troppo comuni non succede niente.
Di sperare resta solo la speranza.
La mia mano intanto misura la tua
per vedere quanto mi contiene e quanto mi avanza.
Prato della Valle
Quanto
tu
abitante, poesie
pensanti e adombramenti
alberi della vita
prati in festa
rivoli di inchiostro
nuvole sempreverdi,
per te,
che hai il cielo capovolto.
noi: guardare/guardarti
tutto intorno
e tutto torno/tutto torna
tu
recalcitrante
sotto l’obiettivo:
una macchina fotografica
altèra e forte
tu, tu passi
io cammino/te affianco
e affiancandoti
mi nutri
con le tue statue
con le tue/mie notti insonni
sarai tua sempre
te e te
vicina e lontana
dalla “messa a fuoco”:
l’obiettivo ti cerca
e ti “centra”
il mio occhio ti pensa
e ti scruta
e tu(!)
tu!
accesa sempre
spenta mai
luce traluci
di te e per te-noi
You are Changing and Change
ti cerco
ti cerchio
ti attornio
e il tuo cielo capovolto
è il tuo abitarci tutti
e il nostro abitarti
la tua fontana spargi-vita
la maestosità
del tuo essere
sempre e tutta
noi/te abbracciata
e noi
persi e ritrovati
nel tuo cercarci
e cerchiarci tutti
Vie d’istinto
Delle persone intuisco
il durante triste.
Qualche prima, pochi dopo.
Lo stare lontani da un attimo di follia,
i mancati coraggi.
Percepisco i pavidi
dello scarto, chi non devia
dalla norma che rimette
tutto in gioco.
Chi non legge nuovi segni
nemmeno dentro ai sogni.
Bucce sul davanzale
in attesa di seccare,
qualcuno ci spera
qualcuno dispera.
Esiliati, col viso già corteccia,
distanti
da quella zona di frontiera
dove l’eccezione è più
importante della regola.
Appena si può aiutami a fuggire
dove ci si possa perdere
e ci possa sfuggire
di indebolirci
per lasciarci vulnerare.
A immaginare i vestiti di chi esce,
a rivivere scene comprensibili
solo per vie d’istinto.
Ci sono sempre cose a mettersi
in mezzo a far difficoltà.
Cerchiamo un ponte levatoio.
Una porta da cui si entra
e si esce facendo un passo avanti.
Intralciamo il procedere concreto,
mettiamo rumore al silenzio,
col corpo indoviniamo le intenzioni.
La bellezza è un eccesso
che lascia i resti più persistenti:
sarebbe bello copiarne il segreto.
Piazza Napoli
Di tanto in tanto
da tempo e tempo
ausculto ed ascolto
parole silenziose
curvate, sinuose
gioielli preziosi
di preziose imperfezioni
dentro il passante
disarmante/disarmato
l’ignoto
sotto alberi di luna piena
e sole all’albore
iati di rara bellezza
panchine in festa
e sogni di solitudini
appaiate
in questo spazio-piazza
che si addentra
nel viale alberato
lo schermo: tutto il teatro della vita
e dentro
per chi vede/crede
un assoluto fatto di istanti
meraviglia e specchio
di silenziosi
ed appaiati
astanti
Canton de le busie
acquisisco ed acuisco
luminarie del cuore
inimmaginabile sole,
solo
redigere e dirigere
verità e
menzogne,
entro cespi di
lattuga e frutta
venduti a pochi
metri di distanza
e qui depongo pezzi di silenzio
sbagli,
brusii e
rumori, bugie
costeggio drogherie storiche
e tutto intorno e dentro, aleggia
una segreta bugia:
<io>
Stretto stretto, qui
tra un angolo e una piazza
sentire-sentirsi
per questo
bugia “bianca”
Vite popolari
Sudicio e logoro.
Il palazzo è sudicio e logoro
come avesse assorbito
su di ciò tutti i malpensieri
di chi ci passa davanti,
passato e passanti.
Poche tracce di dio nel vivere popolare,
schizzi di agonia comportamentale,
a strusciare come secrezioni
confessabili segreti buoni.
Cervelli divertìti
a emettere abitudini,
corse di qualcuno
che già vorresti amare,
vite bellissime
macchiate da un gran viavai,
tanto non ce ne accorgiamo mai.
I panni stesi tra le case popolari
sembrano polmoni
che dicono l’infanzia con voce roca.
Poca.
Un respiro tra le crepe
e si resta fermi lì: nella frattura.
A sentire il mancato
su di ciò che non è stato.