23 Mar L’amore è una gara a chi finisce prima | Matteo Lion
Tanti anni fa quando ho ascoltato per la prima volta la canzone “Precious Things” di Tori Amos ne rimasi quasi turbato.Tutto il testo è particolarmente potente ma c’è un verso che è guerriglia verbale: “puoi farmi venire, ma questo non fa di te Gesù Cristo”.
Rimane una delle mie canzoni preferite ancora oggi.
Da poco Mahmood ha pubblicato la sua nuova canzone “Rapide” che racconta di un relazione naufragata a causa di un tradimento.
E anche qui troviamo un verso altrettanto potente: “ti amo solo quando veniamo”.
E’ brutale ma descrive perfettamente una relazione ormai finita, dove il sesso rimane piacevole e rischia di ingannare i sentimenti e diventare quasi un ricatto.
Ma nel verso successivo ammette:
“Ora vado a divertirmi, è una cosa comune
Dormire con altre persone.”
Ed è una descrizione precisa di quella sensazione che si prova quando una tentazione ci fa sentire liberi e pronti a essere – e non solo provare – qualcosa di nuovo.
Quell’apertura alla nostra routine, che può portarci lontano o farci rimpiangere e a tornare a quello che avevamo.
Come canta con estrema onestà La rappresentante di lista in “Guarda come sono diventata“:
“Ho bisogno di credere a una storia impossibile
Più che mai vorrei decidere di superarmi
Ho bisogno di fottere
Di tradirti e decidere di restare insieme
Liberi e appassionati.”
Ma tornando alla canzone di Mahmood e nel ritornello canta:
“Dimmi cosa c’è, le vedo scendere
Sono rapide chiuse nell’iride
Che scalerò, scalerò, scalerai, scalerò
Come non lo so.”
Ed è davvero meravigliosa la descrizione di questi occhi che guardandoci mettendo in modo rimorsi, dubbi sul tornare insieme ma anche voglia di riscatto che però genere a sua volta sensi di colpa. E da quegli occhi partono proprio delle rapide ovvero dei tratti di fiume dove la corrente, per la forte pendenza del fondo, assume una impetuosa velocità che ci trascina verso il basso.
Solo dopo aver scalato quelle rapide per non farsi trascinare giù, solo dopo Mahmood riesce a dire:
“Ora credimi se non ho più la paura di dirti
Che ho la macchina parcheggiata sotto casa non so di chi”
per rivendicare la sua nuova libertà sessuale riconquistata.
Come qualcuno dice: se qualcuno giura fedeltà fino alla tomba, di solito non pensa alla propria tomba.
La domanda che queste canzoni ci pongono è che valore vogliamo ancora dare alla monogamia?
Se la frustrazione sessuale rischia di diventare più nociva della scappatella, ha senso preservarla per principio?
Truman Capote diceva: “Perché io possa arrivare al culmine e lasciarmi andare, bisogna che la meccanica sia assistita dal fantasticare più profondo, da un inebriante cinema mentale che non sopporta il cicaleccio amoroso.”
E, in effetti, la convivenza in una coppia senza la spinta del desiderio può essere davvero penosa.
Come cantava nel 1977 Gianna Giannini in “Sono stanco“:
“Sono stanco, bella frase per nascondere le cose
Mentre muore ogni richiamo
La tua bocca manda fumo
Nella nostra stanza ladra
I colori son scappati
E ci siamo rintanati
Negli spazi impenetrabili
Cosa vuoi tirare avanti
Hai spremuto questi fianchi
Ascoltiamo in sottofondo la fatica di un orgasmo.”
Il sesso è davvero l’ultima carta che ci si gioca in un rapporto. L’unica forma di linguaggio che ancora si tenta quando non ci si riesce a parlare.
Come canta Calcutta in “Orgasmo“:
“E se ti parlo con il cuore chiuso
rispondi tanto per fare
e se mi metto davvero a nudo
dici che ho sempre voglia di scopare.”
“E se ti parlo con la bocca chiusa
mi dici di non urlare
sono tornato da New York
e mi hai portato sopra le scale
mi hai chiesto un orgasmo profondo
forse più profondo del mondo
ma mi ha dato le spalle
e adesso tutte le strade mi portano ad altre campagne.”
L’orgasmo non è solo l’acme dell’eccitamento erotico ma, alla fine, è anche il banco degli imputati nel processo di una relazione.