12 Lug Il risultato non cambia | Alberto Guizzardi
“Il tempo è un bastardo” dichiarava Jennifer Egan nel suo libro del 2010 col medesimo titolo che le valse il premio Pulitzer. Era un romanzo insolito, diviso in racconti ognuno declinato in una specifica forma letteraria, che ricordava nella struttura “L’Ulisse” di Joyce.
Ogni capitolo era narrato dal punto di vista di un personaggio diverso in un arco temporale che debordava fino al futuro.
Il risultato era un impianto narrativo frammentato e dissonante sul quale la tecnologia, ormai diventata fondamentale per interconnettere le persone, andava a piegare la stessa definizione di identità, tempo e modalità di connessione.
Dodici anni dopo arriva “La casa di marzapane” in cui rimane la disposizione del precedente, con personaggi che si scambiano il ruolo di protagonista nei vari racconti.
La tecnologia si è talmente evoluta che ora esiste un programma chiamato “Riprenditi l’inconscio” che permette di condividere i ricordi. In questa maniera un ricordo parziale o dimenticato può essere ricostruito grazie a quello di una terza persona presente a quell’evento o alla quale lo stesso è stato raccontato.
Chi mette i ricordi nella piattaforma li rende pubblici così gli iscritti possono “vedere” non solo quelli legati alla propria esperienza, ma anche quelli di sconosciuti, ponendo così un problema etico sulla facilità della loro manipolazione.
È chiaro il riferimento a ciò che stiamo vivendo oggi nei social media dove, grazie ad algoritmi, ti vengono segnalate persone che potresti conoscere, prodotti che ti potrebbero piacere, tutto proposto in base a like che hai messo o che hanno messo le persone che segui o semplicemente in base a profili o pagine che hai aperto.
Lo sviluppo del metaverso, ancora in fase embrionale, potrebbe portarci molto vicino a quello che nel libro è al momento solo un presente distopico.
Attenzione però: Egan non è una boomer nostalgica terrorizzata dall’ evoluzione tecnologica perché quella casa di marzapane, così bella e apparentemente accogliente, era insicura prima come lo è ora.
La casa di marzapane siamo noi che cerchiamo di convivere con l’evoluzione della società: una foto riproposta a random ci rammenta un ricordo che avremmo forse già rimosso e così il vissuto non viene più archiviato dal tempo ma rimane comunque eternamente presente.
Alla fine anche se il pacchetto delle informazioni si è modificato, le somme le dobbiamo tirare sempre alla stessa maniera: con noi stessi.
Nello stesso libro queste particelle impazzite che passano da un racconto all’altro, che sfidano lo spazio e il tempo, vengono raccolte da Gregory , il figlio dell’inventore di “Riprendersi l’inconscio” che in un capitolo dal sapore proustiano ha la visione di tutto quello che è stato e sarà pronto a darle un ordine e un senso, trasformandola in quel libro che non era mai stato in grado di scrivere.
Un escamotage letterario inventato 100 anni fa rimane ancora il modo migliore per chiudere il cerchio e ridare ai tasselli del tempo e della memoria la loro giusta forma.