13 Apr È vietato il verde acido | Mirco Denicolò
Ricordo molto bene, ero bambino, erano gli anni settanta, i colori di moda negli oggetti e nelle decorazioni in quegli anni erano l’arancio aragosta, un bruno che ricordava il caffè, una tonalità neutra che io oggi definirei almond e poi lui, il verde acido.
Le decorazioni erano geometriche, modulari, ossessive, tipo l’Overlook Hotel, per intenderci. Trovavo quegli accostamenti insopportabili, mi davano un accenno di nausea forse per via dell’odore di plastica appena stampata che si stava insinuando nelle case attraverso i nuovi oggetti a basso costo.
Arrivarono poi gli anni di piombo e quei colori sparirono, non feci caso da cosa fossero sostituiti, ho dei ricordi in bianco e nero fino al postmoderno di Memphis.
Con mio grande stupore rividi utilizzare il verde acido agli inizi degli anni 2000. Tornai a provare la stessa sensazione di fastidio che ricordavo trent’anni prima, ma mi consolai: le mode passano così veloci, presto questo verde verrà soppiantato da un rosso amaranto o da chissà cos’altro. Non è andata così.
Il verde acido è diventato un colore base, come il bianco o il nero o i metallizzati, è presente in ogni collezione.
Insegno in una facoltà di design, sono docente di laboratorio modelli, ogni anno introduco le attività di laboratorio con una veloce esperienza di fabbricazione.
Le tecniche sono le più varie, i materiali disparati.
Sulle scelte dei colori di finitura sono inflessibile: ogni colore deve essere giustificato dal punto di vista comunicativo e sono vietate le soluzioni neutre: il bianco, il nero, e tutti i grigi. Ed il verde acido, of course.