06 Lug Distesi d’estasi, d’estate | Andrea Ferrato
In quell’attimo esatto suonò la sveglia.
S. era partita prestissimo per quella che doveva essere una vera e propria missione o perlomeno questo era il suo disegno.
Non poteva essere un gesto semplice, un’azione da compiere, doveva permearsi della solennità di un rito, che nessuno ovviamente avrebbe capito.
Il fresco del mattino era in sintonia con la pedalata fluida, questo era il quarto giro dell’anello sterrato del parco, ancora deserto.
Fermò la suoneria, si sedette sul bordo del letto e lo osservò nel modo con cui probabilmente lo avrebbe fatto un estraneo entrato improvvisamente, chissà per quale motivo, dentro la camera.
A. non voleva essere lì e i motivi per essere altrove li conosceva quasi come quegli amici che di botto si rivelano qualcos’altro scombinando le tessere di una vita.
Passò le dita tra le pieghe del tessuto lasciando che mantenessero la loro sinuosità morbida e tra queste si perse.
Nessuno lo trovò più.
S. fermò la bicicletta, passò una mano sulla scatola, immaginò che il gesto fosse compiuto e con uno sguardo grave guidò i pensieri verso la strada del ritorno.