Il vizio dell’usuale | Andrea Ferrato

Novembre.
Pioggia leggera e quel tanto di nebbia che basta per far diventare le luci della prima periferia qualcosa di diverso e di morbido.
Gli alberi gialli e le illuminazioni artificiali trasformano il quotidiano in un set da serie televisiva, quelle con i ritmi lenti e i personaggi complessi, mai definiti e che raramente sorridono.

Questo tratto di strada che mi separa dal supermercato, dove mi aspettano le cose dimenticate da acquistare, è lo stesso ripetuto in un periodo buio, ripetuto come una tecnica di salvataggio.

Anche ora è deserto ma il rumore del traffico àncora il presente; il rumore, che quella volta non c’era, tiene distante il peso di qualcosa che non abbiamo capito.

Andrea Ferrato