20 Ott Losing game | Alberto Guizzardi
Da tempo non leggevo una storia così emotivamente coinvolgente, capace di entrare sotto pelle e mettere a nudo le proprie fragilità.
Si tratta di “Romanzo con cocaina” di M. Ageev edizioni Gog.
Già la sua genesi è straordinaria: pubblicato nel 1934 per una rivista di esuli russi a Parigi, passò praticamente inosservato complice anche il fallimento dell’editore qualche mese dopo.
L’autore rimase sconosciuto, si fece qualche illazione su scrittori in voga in quel tempo tra cui Nabokov, ma la sua identità non venne mai rivelata.
Nella Mosca pre rivoluzionaria vive Vadim giovane cinico e ambizioso con la facoltà di pensare il bene e agire tramite il male.
Lo seguiamo muoversi in questo continuo equilibrio durante i suoi anni scolastici, nella vita famigliare, nelle relazioni amorose.
Il colpo di grazia che fa crollare il castello di carte della sua esistenza è la scoperta della cocaina.
Durante le immersioni in questo paradiso artificiale tutto sembra ricomporsi in un mondo perfetto dove ogni traguardo risulta raggiungibile senza sforzo, dove il proprio valore verrà riconosciuto, dove il successo sarà assicurato e gli errori del passato dimenticati.
Sarà proprio la ricerca spasmodica di rimanere in questo paradiso di finto benessere a spingerlo verso azioni sempre più degradanti e senza ritorno.
Sembra di leggere Un Delitto e castigo lisergico ma senza la pietas che Dostoevskij riserva al suo personaggio.
Quello che più colpisce però è quella sensazione d’instabilità che il racconto ci lascia, quell’idea che il nostro sistema di valori possa essere sconvolto da un deragliamento improvviso che ci rende vulnerabili e senza alcuna difesa.
Il male vince, si prende tutto e lascia al bene solo i cocci.
Ricostruirsi diventa un’impresa immane che porta l’individuo a scivolare lentamente verso un percorso senza più ritorno.
Un monito feroce contro tutte le dipendenze che ci illudono di essere altro da se ma che fanno solo dimenticare chi in realtà siamo.
foto: Andrea Ferrato