28 Mag Rosso Amaranto | Mirco Denicolò
C’era il rosso dei pacchetti di sigarette, quello dei manifesti politici, il rosso della Printz e basta: persino le rose del giardino, nella mia infanzia, non erano davvero rosse.
Da bambino il rosso non aveva sfumature: era raro ma certo, era una emozione totale.
Anche il resto del mondo aveva poche sfumature, vivevo anni senza penombre.
Fino al giorno in cui l’etichetta di un negozio di moda non incrinò la mia visione del colore con un aggettivo: esisteva una tinta di un rosso particolare, esisteva il Rosso Amaranto.
Le lezioni di educazione artistica alle medie spensero definitivamente le mie sicurezze ed in cambio mi regalarono tante altre gradazioni: il rosso Tiziano, il rosso cardinale, il carminio, il rosso della ciliegia, quello del corallo, il bordò, lo scarlatto, il rubino, il rosso veneziano, il granata…
Fu una iniziazione, ero entrato nel mondo delle incertezze lessicali, della distanza tra oggetto e sua definizione cromatica; era passato dai colori dell’arcobaleno ai cataloghi dei tubetti per belle arti.
I dialoghi da allora si sono fatti appassionanti, cerco di spiegare cosa ho visto attraverso esempi, tutti inefficienti.
La tonalità di una stoffa (rosso bandiera), quelle di una vernice per le auto (il colore della Ferrari), quelle di un cosmetico (rosso giungla, rosso autunno, rosso coccinella, rosso vinaccia), quello del maglione che mi sono comprato proprio ieri.
Rosso Amaranto, naturalmente.