03 Ott La guerra dei pensieri piccoli | Stefano Guerrini
C’è un detto che sostiene:”Molti nemici, molto onore”.
Non l’ho mai amato molto, da buona bilancia non apprezzo gli scontri, per me tutto deve essere chiarito subito, non amo i rancori, figuriamoci il solo pensiero di sapere che ho dei nemici.
Tenetevi l’onore, io voglio restare in pace!
Eppure nella nostra vita dobbiamo sperimentare tutto, compreso le scaramucce con chi rivendica il tuo stesso parcheggio, giusto per fare un esempio banale, che lo vogliamo o meno.
Inevitabile nel nostro percorso personale il pestare i piedi a qualcuno, anche solo inconsapevolmente, il risultare antipatico al vicino di casa, al compagno di classe, perché si è totalmente diversi da lui o, ed è anche peggio, perché gli si ricorda invece qualcosa che, in maniera imbarazzante, lui è.
Basta una abitudine innocente, un modo di fare, un vezzo sciocco, per scatenare antipatie fortissime e piccole guerre pericolosissime.
Le cronache sono piene di questi scontri, di invidie che portano a gesti estremi e scelte folli, che sfociano in bullismo e violenza.
E, mi spiace sottolinearlo, trovo che il web, e soprattutto i social, abbiano peggiorato tutto questo.
Sono giorni che alcuni commenti, letti proprio su un canale molto diffuso, dove, grazie ad una finta democrazia, tutti possono diventare giudici e carnefici, mi tormentano.
Ho letto il mio nome in mezzo ad altri illustri, dileggiato e criticato.
Per questo mi è tornato alla mente il detto con cui ho iniziato questo pezzo.
Magra consolazione visto che, e ve l’ho fatto capire, io preferirei starmene nel mio angolino a farmi i fatti miei.
Ammettiamolo, però, siamo tutti un po’ portinaie e un po’ allenatori della nazionale, ci sentiamo sempre in diritto di dire la nostra su chiunque passi sul pianerottolo di casa, così come diventiamo espertissimi di calcio se malauguratamente l’Italia perde una partita.
E sui social facciamo lo stesso, amplificandolo, me compreso.
Quanto ci fa gasare vedere crescere il numero di like ad una nostra battuta sagace, non importa se è alle spese di un altro. E ditemi se questo non è bullismo!
Perché invece non trasformiamo il tempo speso a scrivere uno status in qualcosa di positivo?
Perché non ci impegniamo a passare agli altri il nostro bello, invece che il nostro livore?
Invece di leccarmi le ferite di commenti che non amo, consolandomi del fatto che un mio modestissimo successo, un traguardo raggiunto a fatica, con la mia fatica sia chiaro, abbia infastidito così tanto qualcuno, potrei iniziare a cercare messaggi costruttivi e di apertura.
Usando la mie capacità per qualcosa di buono.
E, magari, la prossima volta quel commento mi ferirà di meno, e mi apparirà per quello che é: un seme gettato al vento, che rimbomba forse un po’ nel suo svolazzare, ma non attaccherà e frutterà da nessuna parte.
foto: Andrea Ferrato