04 Nov Il ladro di cose di nessuno | Andrea Ferrato
La comodità del display non costruiva lo stesso livello di garbata discrezione che lo sguardo dedicava alle figure di passaggio, nel campo visivo di una focale media.
Viveva di vite raccolte tra parentesi, a queste dedicava la massima attenzione quando gli unici legami diventavano i suoni e gli scalpiccii sempre più lontani.
Viveva delle nuove vite che a loro dedicava, a seconda del loro passaggio in quel ritaglio di esistenza mediata.
Chi notava l’intento della sua posizione aumentava il passo, come incauti avventori su un pavimento appena lavato.
Il rapido incrocio di sguardi complicava la costruzione di un dopo, come se quell’essere scoperto avesse ipotecato la possibilità di relazioni plausibili fuori da quelle parentesi.
Si accorgeva del tempo che passava quando iniziava a dover tener chiuso un occhio con le dita, mentre l’altro continuava a rubare cose di nessuno, cose lasciate su passi che non avrebbe mai visto e mai voluto vedere.
Il sole ritagliato dalle foglie, l’aria non più tiepida, le fotografie salvate in una memoria labile, con connessioni complicate.
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