06 Giu Specchio riflesso | Alberto Guizzardi
“La ricreazione è finita” di Dario Ferrari è uno di quei rari libri che non vorresti mai smettere di leggere e quando l’hai finito rimani smarrito a chiederti: “E ora?”.
È un racconto arguto, intelligente e mai saccente, che mischia sapientemente la disillusione di un giovane uomo senza qualità, costretto dagli eventi a dover crescere, a quella di un idealista la cui storia di dipana durante i violenti anni ’70.
Marcello Gori è laureato in lettere da diversi anni, vive con la madre, impegna il tempo con qualche lavoro precario e ha una ragazza giusta a cui si dedica con modesta passione.
Vince in maniera assai casuale un dottorato in italianistica e si ritrova catapultato in quel mondo universitario dove spadroneggiano i baroni universitari, tra cui spicca il suo relatore, il professor Sacripanti.
Gli verrà assegnata una ricerca su un oscuro autore, tale Tito Sella, morto in galera e famoso più per alcuni atti terroristici che per le sue opere.
Grazie al recupero dell’archivio Sella a Parigi, Marcello ricostruirà la vita di Tito la quale lentamente prenderà possesso della sua, portandolo a una forma sempre più estrema di emulazione.
L’immedesimazione lo farà uscire da quello stato di apatia privo di emozioni, che per anni gli ha fatto vivere “la vita di un altro, di un altro di cui non gli interessa nulla” e, ribaltando questo concetto, arriverà al punto di non desiderare di essere qualcuno di importante ma di sentirsi lui stesso desiderio, come se il connubio con Tito si fosse completato.
Il romanzo, che spazia con sapienza tra commedia e tragedia, ci racconta come il percorso e la direzione che prendiamo non sia legato necessariamente alla scoperta del nostro destino, ma spesso alle conseguenze di scelte sbagliate e di come ci si accontenti di stare in quel limbo che non è né dei vincenti né dei perdenti, riducendosi a essere semplice spettatore di una storia che poteva essere propria.